Essere smart è un modo di essere. La rivoluzione è già avvenuta e la “città del futuro” è più vicina di quanto possiamo immaginare. Anzi, la città diffusa è già ovunque… nel mentre viviamo il passaggio dall’analogico al digitale, ormai la quinta rivoluzione industriale, quella dell’immersivo, quella dell’esperienzale.
Nel digitale tutto è interconnesso, tutto è – è sarà sempre di più – una piattaforma di relazioni con la propria narrazione nel contempo, locale e globale, singolare e universale. La comunicazione anticipa i tempi ed ecco che oggi parliamo e viviamo la cd “crossmedialità” mezzi diversi per fruire di informazioni, divertimento etc
Va anche detto che molti, per non dire tutti, hanno paura del digitale, dell’AI, perché non sanno di cosa stiamo parlando… perché apre al post umano, perché nel frattempo siamo entrati nell’era della consapevolezza. Ai tanti conservatori e resilienti, dite pure che “niente sarà più come prima”
Ma occhio a non sbagliare obiettivo…! Non si tratta di un problema di tecnologia: il digitale non è una questione né tecnica, né tecnologica, è un modo di essere, un modo di pensare, una cultura condivisa. Un modo di attrezzarsi mentalmente per un mondo diverso che cambia ogni giorno. Pensate che si prevede che nel 2030 l’80% della popolazione sarà di 8,6 miliardi e vivrà in città: si stanno formando almeno cinquanta megalopoli con un numero di abitanti spropositato, dai 60 ai 100. Pensate di poter chiedere abbassando il finestrino, dov’è la piazza principale, dove si trova il municipio? Queste megalopoli trapassano i confini tradizionali di ciò che sino ad oggi abbiamo chiamato non solo città ma anche nazione.
I mutamenti saranno tanti. Pensiamo al possibile indotto dall’IoT (Internet of Things) o delle applicazioni possibili nei vari settori della gestione pubblica che saranno più invasivi di quanto si pensi. L’IoT non è il domani è già l’oggi. E’ urgente valutare cosa potrà accadere della mobilità sia urbana che territoriale. Mobilità che modificherà nel breve periodo gli assetti spaziali (e quindi le città e i territori) e per molti aspetti, anche i modi di vita e le relazioni sociali, per questo si parlerà sempre più di smart land.
Immaginiamo banalmente cosa accadrà nel momento nel quale nessuno comprerà per sé una automobile, visto che potrà con il proprio iPhone chiamarne una di servizio autoguidata alla quale ordinare: portami di qua o di là. Fantascienza? Assolutamente no! Il processo è già in atto ed è velocissimo. Cosa accadrà delle strade, delle autostrade, degli spazi pubblici? Avremo ancora bisogno dei garages? E cosa succederà alle relazioni intersoggettive quando i bambini potranno liberamente giocare negli spazi pubblici non essendoci più il pericolo delle automobili? Sembrano cosa banali, ma non lo sono affatto: cambiano i rapporti tra le persone e i modi di vivere.
Cambiamento profondo e inevitabile. Pensiamo a cosa succederà nel momento nel quale − e anche questo accadrà tra poco tempo − potremmo entrare in un negozio per acquistare un oggetto che ci piace e il commesso ci chiederà di aspettare per produrlo con la stampante 3D, magari con delle varianti a nostro piacere? Quel negozio avrà un magazzino? Certamente No! e forse nemmeno un commesso, ma potremo dialogare con un robot. Fantascienza sì dirà. Assolutamente no! Si guardino in internet le interviste a Sophie. La stupefacente velocità dei cambiamenti nei modi di produzione, distribuzione e scambio e della conseguente modalità dei consumi privati e collettivi, prevede anche una più veloce capacità di prefigurazione e di progettualità e questo ha bisogno di un pensiero libero (smart) e non di ciò che “resiste”. Il vero pericolo oggi è ciò che resiste che, ahimè! sta in tutti noi.