30 Luglio 2015

Editoria Digitale al bivio tra investimenti e mancati profitti. Gli editori tradizionali hanno investito tanto sul digitale, ma finora i risultati sono ancora modesti

Negli ultimi anni gli editori di tutto il mondo hanno investito cifre considerevoli sullo sviluppo del digitale.

Il web ha letteralmente rivoluzionato il mondo editoriale, dal modo completamente diverso in cui gli utenti accedono ai contenuti al selfpublishing, senza parlare dell’annosa questione del copyright.

Per il mondo del giornalismo il web rappresenta senza dubbio un’enorme opportunità ma, al tempo stesso, è il primo grande problema con cui la stampa deve confrontarsi.

In un mondo in cui l’accesso a qualsiasi contenuto e quasi gratis, perché un utente dovrebbe pagare per leggere un articolo? Questa è la domanda di fondo a cui i grandi gruppi editoriali non sono ancora riusciti a trovare una risposta.

 

Si guadagna solo con la carta

Nonostante i pesantissimi investimenti fatti, per quasi tutti i big player dell’editoria oggi il digitale è principalmente un costo, come emerge chiaramente dai del Digital Consumer Publishing Forecast pubblicato dall’istituto di ricerca Ovum, che ha fatto un’analisi approfondita dell’editoria dai qui fino al 2020.

Infatti anche se tutte le strategie di sviluppo da qui ai prossimi 10-15 anni sono improntate sull’online, da qui al 2020 la carta resterà ancora il settore dominante per quanto riguarda il fatturato editoriale.

Il dato è senza dubbio significativo ma, per chi vive quotidianamente la realtà concreta del mercato digitale, appare abbastanza scontato.

Nel nuovo mercato digitale l’abbassamento del prezzo di un prodotto è supportato dal sistema soltanto se si moltiplicano gli utenti: se questo non avviene per il produttore (l’editore nel nostro caso), che deve far fronte a costi più o meno fissi, non riesce a sostenersi.

Per un editore dunque diventa interessante vendere un ebook a 2,99 euro se riesce a venderne 10.000 copie all’anno, altrimenti gli conviene comunque vendere 2.000 copie cartacee a 14,99 euro.

Ma il sistema libro da questo punto di vista presenta una criticità non indifferente: quanti libri può leggere all’anno un lettore?

Al di là dei numeri relativi all’Italia, che parlano di più del 50% degli italiani che non legge nemmeno un libro all’anno, anche ipotizzando dei lettori fortissimi potremmo parlare di una ventina di libri all’anno.

In un mercato come quello attuale, con tutti i classici che possono essere letti gratuitamente in maniera legale e le numerose offerte a prezzi stracciati ecco che appare chiaro come per l’editoria ci sia bisogno di inventarsi qualcosa, altrimenti con il digitale difficilmente si fattureranno cifre anche solo paragonabili a quelle di qualche anno fa.

Il discorso è ancora più amplificato quando si parla di giornalismo: con migliaia di siti gratuiti che pubblicano più o meno le stesse notizie pubblicate dai grandi player dell’informazione, per sopravvivere e prosperare è necessario distinguersi per tecnologia e contenuti, altrimenti il digitale resta soltanto un costo (soprattutto se si scimmiottano online film già visti su carta).

Editoria Digitale, scenari futuri tra investimenti e scarsi profitti

Gli esempi di Musica e Cinema

Il mondo della musica e quello del cinema sono stati i primi ad essere investiti dalla rivoluzione digitale, anche se poi quando è stato il turno dell’editoria nessuno ha pensato bene di andare a vedere cos’era successo.

Il web ha fatto sparire le videoteche e il composito mondo del noleggio, di fatto soppiantato dalle modalità on demand. Il cinema però resiste, anzi prospera, con incassi record e aumenti di fatturato.

Il motivo è molto semplice: andare al cinema è un’esperienza non sostituibile con qualcos’altro. E non solo in termini di fruizione dei contenuti, anche da un punto di vista dell’experience sociale e culturale. Non a caso il modello che funziona da un punto di vista economico è la Multisala, ovvero il grande hub che attrae il pubblico più disparato.

Nelle grandi città poi riescono a resistere anche i cinema più piccoli, quelli che sono riusciti a ritagliarsi un pubblico di nicchia.

Anche per la musica il concetto di experience è fondamentale: l’unico settore che oggi fa davvero fatturato è quello della musica dal vivo, proprio perché un concerto è un evento non surrogabile.

E tutto questo all’interno di un sistema che, se tutto va bene, alla fine del 2015 fatturerà a livello mondo 18 miliardi di euro all’anno. Numeri ridicoli se paragonati ai fatturati dei decenni passati, ma soprattutto se paragonati a realtà attuali con un’azienda come Google che solo nel primo trimestre 2015 ha fatto registrare un fatturato di 17,3 miliardi dollari.

Il download di brani a pagamento è asfittico, per non parlare dei modelli di accesso alla musica in streaming che restituiscono agli artisti e alle case discofrafiche royalties ridicole.

Chi è riuscito a ritagliarsi un pubblico fedele riesce anche a vendere gli album, addirittura con tutto un nuovo mercato del vinile per gli appassionati, ma si tratta comunque di una nicchia dai fatturati trascurabili a livello di sistema.

Editoria Digitale, scenari futuri tra investimenti e scarsi profitti

L’epoca d’oro dei videogames

I nuovi protagonisti della realtà editoriale digitale sono sempre più i videogames, con un mercato sempre più in crescita e che nel 2015 farà registrare un fatturato complessivamente superiore a quello dell’intero comparto musicale e di Hollywood messi insieme.

Il mondo videoludico infatti ha saputo sfruttare in pieno tutte le potenzialità della rete restituendo ai suoi utenti un’experience di utilizzo unica proprio grazie al web, senza tener conto della crossmedialità del mezzo e delle enorme possibilità di sviluppo in termini di community.

I videogames oggi sono indubbiamente il prodotto editoriale che probabilmente riesce a fondere in maniera migliore struttura narrativa, innovazione digitale e sviluppo tecnologico, il tutto in uno scenario di mercato ideale.